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Sono in mezzo a voi, ma non mi vedete né mi sentite

Messaggio per tre sacerdoti 4 luglio 2007

Caro figlio,
le tue pene e quelle dei tuoi amici in Cristo sono la conseguenza di un amore a Dio limpido e fruttuoso. Continuate a portare a Dio tanti fiori appassiti che vengono rigenerati dal Sangue di mio Figlio Gesù.
Ora il mio cuore è triste, il sorriso rischia di spegnersi per l'insensatezza dei miei figli devoti, i quali predicano di amarmi senza capire che io voglio essere amata non con gli onori degli uomini ma con quelli di Dio, espressione più profonda del suo amore.
Dal giorno del mio sì, mi sono rivestita del prezioso dono dell'umiltà e ora vi dico: voi volete portare in processione un pezzo di storia antica e lontana, volete tener vivo il ricordo di una mia venuta di tanto tempo fa, in un luogo lontano da voi, e questo è giusto.
Ma ora vi chiedo: come mai io sono in mezzo a voi e voi non mi vedete, vi parlo e voi non mi sentite? Preferite vivere di ricordi lontani e non ascoltarmi ora che sono presente in mezzo a voi? Mi riempite di onore ma siete voi che volete essere onorati!
Ora vi esorto: pentitevi e convertitevi, trasformate il vostro orgoglio in umiltà, il vostro desiderio di gloria sia trasformato in servizio ai vostri fratelli. Questo è quello che desidero.
Voi mi incoronate, eppure non riuscite a togliere la corona di spine dalla testa di mio Figlio; mi incatenate le mani con la corona del Rosario, ma lasciate ancora infissi i chiodi nelle mani di mio Figlio; mi riempite di fiori profumati, ma lasciate mio Figlio appeso alla croce maleodorante del suo sudore e del suo Sangue. Forse vi chiedete: cosa significa tutto questo? Mentre passerò in processione cercherò con cura lo sguardo di tante persone umili e sincere a cui sorriderò perché, loro, mi ricordano il sorriso di mio Figlio.

 


 

Questo messaggio fu ricevuto da Giulio nel corso di una visione della Vergine avvenuta nella notte tra il 4 e il 5 luglio 2007. Il testo è indirizzato agli allora prevosto di Rho, parroco di Mazzo e prete dell'Associazione Sposa di Sion. Il contesto era quello delle tensioni venutesi a creare tra i responsabili dell'associazione e alcuni fedeli della parrocchia di Mazzo in occasione dei preparativi per le celebrazioni del secondo anniversario del passaggio della statua pellegrina della Madonna di Fatima.
La Vergine chiese ai tre sacerdoti che il messaggio venisse letto pubblicamente il 13 luglio e, a Giulio, di informare alcune altre persone a testimonianza di questa richiesta. L’autorizzazione alla lettura venne concessa per il successivo 2 agosto 2007.
Il testo, dal contenuto “tipicamente profetico”, secondo la definizione che ne diede il prevosto di Rho, mette in guardia da una religiosità incentrata sul ricordo di avvenimenti spirituali del passato, ma incapace di riconoscere i segni della presenza e dell’azione di Dio nel presente. In questo messaggio i gesti esteriori della devozione vengono contrapposti alla condizione del Cristo crocifisso che - come detto anche nel “Dialogo col Crocifisso” riportato in Appendice - continua, lungo i secoli, a subire le ferite provocate dall'ipocrisia di un culto staccato dal suo riscontro esistenziale: non si adora il Figlio di Dio in croce se ci si dimentica dei tanti crocifissi della terra.

Non digiunate più come fate oggi,
così da fare udire in alto il vostro chiasso.
È forse come questo il digiuno che bramo,
il giorno in cui l'uomo si mortifica?
Piegare come un giunco il proprio capo,
usare sacco e cenere per letto,
forse questo vorresti chiamare digiuno e giorno gradito al Signore?
Non è piuttosto questo il digiuno che voglio:
sciogliere le catene inique, togliere i legami del giogo,
rimandare liberi gli oppressi e spezzare ogni giogo?
Non consiste forse nel dividere il pane con l'affamato,
nell'introdurre in casa i miseri, senza tetto,
nel vestire uno che vedi nudo,
senza trascurare i tuoi parenti?
Allora la tua luce sorgerà come l'aurora,
la tua ferita si rimarginerà presto.
Davanti a te camminerà la tua giustizia,
la gloria del Signore ti seguirà.
Allora invocherai e il Signore ti risponderà,
implorerai aiuto ed egli dirà: «Eccomi!».
Se toglierai di mezzo a te l'oppressione,
il puntare il dito e il parlare empio,
se aprirai il tuo cuore all'affamato,
se sazierai l'afflitto di cuore,
allora brillerà fra le tenebre la tua luce,
la tua tenebra sarà come il meriggio.
Ti guiderà sempre il Signore
”.
(Is 58,4-11).

In questo modo il profeta Isaia, circa 2700 anni fa, descriveva l’essenza del “culto gradito a Dio”: un culto non separato dalle esigenze della giustizia e dell’amore. Con parole diverse ma dal significato simile, l’apostolo Paolo dirà che “chiunque mangia il pane o beve al calice del Signore in modo indegno, sarà colpevole verso il corpo e il sangue del Signore”. Da qui la necessità di esaminarci attentamente prima di partecipare alla Cena del Signore per non rischiare di “mangiare e bere la propria condanna” (1Cor 11,27-29).
Quando, associazione o parrocchia, ci preoccupiamo più dei riti e della perfezione esteriore delle celebrazioni che del significato spirituale degli eventi celebrati, e del modo di renderli vivi nella nostra vita, cadiamo nell'errore denunciato dal profeta Isaia e dall'apostolo Paolo, e finiamo per legare con la corona del Rosario anche le mani della Santa Vergine, impedendole di operare per il bene di tutti i suoi figli.